venerdì 7 novembre 2014

Il bambino preferito: una storia d'amore

Ebbene sì, ho un bambino preferito. Mi fa strano scriverlo. Non sono tipo da preferenze, sono stata cresciuta da genitori che hanno amato me e i miei fratelli in maniera eguale, non sono mai stata la preferita della maestra, né la più simpatica tra i miei amici.

Una delle prime mattine qui al Villaggio Fraternité, sono arrivata alla materna prima dell’orario di inizio della scuola, quando i bambini vivono un momento di animazione nel cortile dei giochi. Dopo una rapida messa a fuoco sono rimasta colpita da un bambino che al richiamo della maestra, mentre tutti gli altri cantavano e ballavano, non aveva avuto nessuna reazione. Se ne stava lì, perso nei suoi pensieri, lontano da tutto quello che lo circondava.

Da quel momento è diventato il mio bambino preferito. Sempre in quel momento, però, decisi che non avrei mai manifestato a lui o agli altri bambini questa preferenza; non farò eccezione nemmeno con voi, quindi perdonatemi se non scriverò il suo nome né allegherò una sua foto.

All’epoca il piccolo aveva 3 anni e, anche se in quel periodo  ho trascorso molto tempo con i bimbi durante la ricreazione e la merenda, lui non si è mai avvicinato a me.  Per qualche mese non ho saputo nemmeno il suo nome. Gli ho sorriso più volte, così come faccio con tutti,  ma lui ha sempre distolto lo sguardo. Non è mai venuto a salutarmi come gli altri quando mi  vedevano arrivare. Molto timido, parlava con gli amichetti solo quando si avvicinavano per giocare.

Ma nel tempo piano piano qualcosa è cambiato e ho visto i suoi progressi. Tra la fine  del vecchio anno scolastico e l’inizio del nuovo ha iniziato ad aprirsi: ora sorride, interagisce e partecipa alle attività di gruppo. Sta prendendo confidenza con il francese (in casa spesso si parla solo il dialetto locale) e questo gli permette di lasciarsi coinvolgere dalle lezioni e dai giochi. E’ diventato amico di Carlo, l’altro volontario in servizio civile; quando lo vede gli corre incontro, gli sorride, gli stringe la mano.

E io? Beh, io ho continuato a giocare con tutti i bambini che lo desideravano, senza forzarli.  Lui non mi ha mai rivolto la parola… fino a qualche giorno fa. Un pomeriggio, mentre davo una mano al Centro d’accoglienza e distribuivo i disegni da colorare tratti da un cartone animato che avevamo guardato tutti insieme, è accaduto qualcosa. I bimbi erano tutti al loro posto e io passavo tra i tavoli  con i fogli e i pastelli. Arrivata al suo banco ho consegnato anche a lui alcuni pastelli e mi  sono mossa verso il tavolo successivo quando una vocina flebile mi ha bloccato: “Mercì Tata Clodia”...Grazie a te, piccolo mio, che mi hai scaldato il cuore. 

Claudia 

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